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Come qualche volta accade ad eventi che per la loro rilevanza sono entrati a far parte della storia del costume di una società, anche l’origine della festa della donna è circondata da un alone di mistero che la rende in qualche modo leggendaria.

Alcuni storici sostengono che possa risalire all’8 marzo del 1848, giorno in cui il re di Prussia, asserragliato nel suo palazzo e terrorizzato alla vista dei dimostranti inferociti, si affrettò ad elencare promesse su promesse (quasi tutte mai mantenute) come quella di concedere il diritto di voto alle donne.

Altri biografi riportano episodi di sangue nel tentativo di dare a quella celebrazione anche il crisma del martirio: l’8 marzo del 1908 una fabbrica di Washington Square, New York, avrebbe preso fuoco e sarebbero morte 129 operaie; oppure quello sciopero, organizzato sempre a New York nel marzo del 1857, durante il quale le donne che vi partecipavano furono brutalmente disperse dalla polizia. Ma recenti e approfondite ricerche hanno messo in chiaro che quegli episodi non sono avvenuti. E’ documentato invece l’episodio del 23 febbraio 1917 a San Pietroburgo: un grande corteo di donne si formò quasi spontaneamente e sfilò per le strade della grande città russa. Erano madri, mogli e figlie delle migliaia di soldati impegnati nella prima guerra mondiale, che chiedevano a gran voce la fine delle violenze, il ritorno a casa dei loro uomini, la caduta della dittatura zarista.
Si potrà obbiettare: ma cosa c’entra una manifestazione avvenuta un 23 febbraio con la festa dell’8 marzo? C’entra, perché in quell’epoca in Russia si adottava ancora il calendario “Giuliano” (elaborato da Giulio Cesare) che era sfalsato di tredici giorni rispetto al calendario “Gregoriano” (da papa Gregorio XIII), in uso fino dal 1582 in quasi tutto il mondo occidentale.

In Italia (come ci documenta il sito della (www.cgiltoscana.it) la festa ha un’origine ancora più recente, che può essere datata all’8 marzo del 1945, quando un gruppo di donne appartenenti all’Udi (Unione donne italiane) si riunì a Roma per approvare un ordine del giorno mirato a: “…difendere il pane ai nostri figli, alle nostre famiglie e per difenderci dal freddo e dalla miseria…”. Sembrano parole pronunciate nella notte dei tempi, invece sono trascorsi poco più di cinquant’anni.

Del resto la festa vera e propria fu organizzata solo l’anno successivo, dopo che a Londra si erano riunite le rappresentanti di venti nazioni per redigere la “Carta della donna” nella quale si chiedeva, fra l’altro: “…il diritto al lavoro in tutte le industrie, la parità salariale, la possibilità di accedere a posti direttivi e di partecipare alla vita politica nazionale e internazionale”.
E fu proprio in quel 1946 – il 2 giugno – che la donna italiana, per la prima volta nella storia, poté partecipare in maniera attiva al governo del Paese, contribuendo con il proprio voto alla nascita della Repubblica.

Anche la tradizione di offrire alle festeggiate un rametto di mimosa è tipicamente italiana e – contrariamente a quanto si potrebbe pensare riallacciandosi al garofano rosso, che viene offerto il primo di maggio e che possiede una simbologia precisa – nacque per ragioni unicamente pratiche: perché quello è l’unico fiore – o perlomeno il più comune (e quindi il meno caro) – che sboccia spontaneamente nel periodo invernale.
Resta comunque il fatto che sulla stampa statunitense fino al 1908 non c’è alcuna verità storica della misteriosa origine dell’8 marzo: l’incendio risulta mai accaduto. Alla stessa conclusione giungono Tilde Capomazza e Marisa Ombra nel loro “8 marzo – Storie, miti e riti della Giornata Internazionale della Donna”, frutto di meticolose e appassionate ricerche.

(link originale scritto da Gian Nava)


Donna Nava